L’immagine della copertina è perfetta, il titolo è ossigeno trattenuto dentro fino a quando non ce la si fa più. Una recensione di narrativa italiana per il blog con cui inaugurare la categoria. Mi sono fermata davanti la mia libreria con il timore di restarci inchiodata ore e ore. Quale libro e perché? Invece la scelta è venuta giù in tre secondi. La mano è andata dritta al secondo ripiano, La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, libro Strega del 2008, edito da Mondadori. Dieci anni esatti dalla pubblicazione dell’esordio di Giordano diventato poi anche una pellicola, riuscita, con Luca Marinelli nei panni di Mattia. Uno dei rari casi in cui guardi un film e pensi: io, il personaggio, lo immaginavo così, proprio con quella faccia lì.
Tanto è stata fulminea la decisione di recensire La solitudine dei numeri primi quanto pesante lo sgomento vissuto poi, un paio di giorni dopo. Superata l’influenza e un week end tutto di lavoro, ho capito che avrei dovuto scriverla davvero. Qui non troverete critica letteraria, Gea Book sono i libri in base al mio personalissimo punto di vista. Ed è un bel problema con un libro che non ho solo divorato, ma che mi ha segnata, frastornata, condotta in luoghi di me stessa, che ha sublimato il dolore, l’amore, la distanza, la solitudine dell’esserci. Capiamoci, quella storia dei numeri primi, è una incredibile tremenda fotografia di relazioni rare e persone speciali.
“I numeri primi sono divisibili soltanto per uno e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi”
Alice e Mattia sono due adolescenti che non si adattano e non riescono ad ambientarsi. Brucia nella loro mente l’ombra della diversità subita dall’ambiente della scuola, in quella linea impercettibile che resta per l’intero libro. La diversità come percezione violenta a volte di chi è intorno, la diversità come unicità, straordinaria risorsa. Sono due ragazzi che quando si conoscono guardano in uno specchio il dramma degli episodi tragici che hanno condizionato la loro infanzia rendendoli quelli che sono. Li riconoscono nei sentimenti di oggi. Alice che detestava sciare, ha avuto un terribile incidente che la rende zoppa. Mattia era un bambino super intelligente con una sorella gemella, Michela, affetta da un ritardo mentale. Il racconto delle giornate del piccolo Mattia evitato dai coetanei per la sorella scomoda è sottile, infido, tremendo. E quella festa di compleanno noi di certo non la scorderemo mai. Invitato nel gruppo, per la prima volta, Mattia lascia Michela in un giardino solo per il tempo di fare un salto alla festa. Ma una volta tornato la sorella invece non c’è più. La bambina è scomparsa.

“C’era uno spazio comune tra di loro, i cui confini non erano ben delineati, dove sembrava non mancare nulla e dove l’aria pareva immobile, imperturbata”

Alice è anoressica e Mattia autolesionista. Si conoscono e stringono questo legame che li accompagnerà fino all’età adulta. La solitudine dei numeri primi siamo noi ogni volta che non ci incontriamo pur stando insieme. La solitudine dei numeri primi siamo noi in quell’alba feroce. Alice e Mattia continueranno a vivere le loro vite come i numeri primi gemelli: separati da un solo numero, vicini ma mai abbastanza da potersi toccare. Alice e Mattia sono una corsa per me a perdifiato verso quello che conta, che ha determinato la mia emotività. In lei ho riconosciuto la forza del rialzarsi da sola. In Mattia, facciamolo dire a Giordano. “Mattia pensava che lui e Alice erano così, due primi gemelli, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero”.
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