C’è tanta umanità, debolezza, e coraggio a porre domande più che a rispondere, nel romanzo La versione di Fenoglio di Gianrico Carofiglio: recensione che decido di scrivere di getto senza soffermarmi troppo, ora vi spiego le ragioni. E’ d’obbligo la premessa. È il primo libro di Carofiglio che leggo. Quindi mi sono persa (per ora) i diversi casi dell’avvocato Guerrieri, le storie dell’avvocato più famoso del romanzo giudiziario italiano. Non è il mio genere, i gialli e tanto più il filone italiano. Mi arriva questo libro in regalo, e così non posso esimermi. Subito sento chi suggerisce, dovresti iniziare da Guerrieri per addentrarti nel mondo del poliziesco. Forse, chissà. Per adesso mi sta bene così. La Versione di Fenoglio è un libro che si legge bene grazie allo stile preciso, alla penna puntuale, limpida dello scrittore che da questo punto di vista ho trovato confortante come una tazza di tè in certe giornate fredde (dentro e fuori). Visto poi che non sono un’appassionata di omicidi, indagini, thriller (per me sono i fantasy quello che per voi sono i gialli), devo ammettere che forse questo libro è stato un giusto inizio. Ecco perché.
Al centro del romanzo di Carofiglio c’è Pietro Fenoglio, maresciallo dei carabinieri a un passo dalla pensione costretto a seguire la fisioterapia dopo un intervento chirurgico all’anca. Durante le sedute in questo centro incontra Giulio, giovane studente universitario, gli manca poco alla laurea in giurisprudenza e a un avvenire dettato da una scelta di successione familiare. E’ lì dopo un incidente. La strada tracciata dalla famiglia però gli è ostica. Giulio non vuole seguirla. Ha una personalità che rinchiude in una anestesia mentale di difesa, ma che lo spinge a scoprire di più, a voler svelare come si possano compiere delle scelte. E così il vecchio carabiniere Fenoglio e il giovane Giulio si incontrano sotto gli occhi attenti di Bruna che li mette vicini in questa esperienza di riabilitazione. Un percorso per ricondurre il corpo in un’unica direzione, per aggiustarlo diciamo così, e ancora di più per riabilitare se stessi verso la propria identità. Bruna, è un bel personaggio: lei spiega che bisogna stare bene dritti con la schiena, solo così accettiamo di essere vivi di fronte al caos dell’universo.
Il romanzo è un dialogo continuo tra Pietro e Giulio, il giovane chiede, vuole sapere, capire: come si svolgono le indagini, come smascherare un bugiardo. Alla fine sembra che Giulio in realtà voglia comprendere come distinguere il bene dal male, il vero dal falso. E così Pietro racconta lunghi e brevi racconti della sua carriera, dagli inizi dalle furbe intuizioni, agli spaccati di vita ai margini. Ma appunto non solo gli aspetti in sé delle investigazioni il centro vero di questo libro, nemmeno i cadaveri, i malviventi, ma il ruolo delle parole. Nel rapporto di crescita e riabilitazione di Pietro e Giulio, nelle singole azioni che il carabiniere ha compiuto con quella variegata umanità con la quale si è trovato a contatto. La Versione di Fenoglio è un libro che si legge bene, non entusiasma il cuore, ma lascia qualcosa, come un’impressione.
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