“Quell’uomo era un poco di buono”, ti dice. “Se ci fosse ancora il nonno, gli taglierebbele le palle”. L’uscita suona rassicurante. Inutile negarlo. E vorremmo anche noi avere qualcuno dalla nostra parte con questa tempra qui. La vita in un istante è il romanzo di Gabrielle Zevin pubblicato da Editrice Nord, letto in due giorni, iniziato in un bar sul mare con lo spritz sul tavolino e terminato prima di riprendere la strada di casa. Un libro che mi serviva. Leggero, brillante e con gli argomenti giusti. Ecco perché si merita a pieno diritto di entrare per primo nell’elenco di libri che consiglierò da qui al solleone per i nostri week end, le giornate in spiaggia, le due ore in piscina rubate alla giornata di lavoro. Aviva Grossman è una ventenne ebrea che vive in Florida e ha una relazione con un politico potente avviato a una luminosa carriera nel Congresso. Aviva ha una storia di sesso, ma lei si innamora chiaramente, con colui che per l’intero libro impareremo a conoscere come “il membro del Congresso Levin”. Scoppia lo scandalo, non vi dico come, e Aviva è additata, giudicata, bersaglio dei giornali, del gossip, delle cattiverie delle persone. Le dicono di tutto. Le scrivono sul web ogni epiteto – dandole della ragazza di facili costumi, ma non con queste parole – perde il lavoro, perde la fiducia. Non trova ascolto neanche a casa dove la madre che le fa notare un po’ troppo che deve dimagrire, riesce solo a pensare allo scandalo, alle conseguenze. Aviva è sola.

Non sei mai stata innamorata, quindi non sei sicura di esserlo. Lui è diverso da tutti quelli che hai conosciuto prima.

Trascorrono tredici anni e Aviva è Jane Young. Ha cambiato città, nome, identità, si è costruita una storia, una vita. E’ una wedding planner. Di discreto successo. Ed è madre single di una bambina, Ruby. La amerete. E’ divertente, nerd, bullizzata, curiosa. L’intera storia è raccontata attraverso quattro voci narranti. La madre di Aviva, quindi Ruby con le meravigliose lettere all’amica di penna indonesiana, Embeth la moglie tradita del membro del congresso Levin e infine, solo per chiudere, la stessa Aviva.
Scrive Ruby, “ma poi ho deciso che non me ne fregava niente. Mi sentivo fredda come il Maine a gennaio. Fredda come quando ti si ghiaccia il cervello quando mangi il gelato. Ho cercato di non sentirmi una persona terribile anche se probabilmente è la cosa pegiore che io abbia mai fatto”
La vita in un istante tratta un argomento forte in punta di penna, tra le parole leggere di un romanzo che si legge d’un fiato. Facile, fresco. Eppure le scelte di questa giovane donna, ci riportano alla quotidianità delle meschine manipolazioni, della solitudine, della discriminazione. Diciamolo chiaro e tondo. La ventenne Aviva pagherà il prezzo di quella relazione, al punto da doversi affidare a quello che un componente dello staff del politico le suggerisce, il “programma testimoni”. Della serie, scappa lontano, rifatti una vita, e non aprire google per i prossimi cinque anni. Così mentre Aviva fa i conti con la menzogna, così pesante che rischierà anche di allontanarla dalla figlia ormai cresciuta, il membro del Congresso? Cosa accade a lui? Va avanti con la fulgida carriera. Resta sposato. E’ più facile perdonare un uomo per un tradimento, derubricato a scappatella che una ragazza che in meno di 24 ore non diventa solo una rovina famiglie, ma anche una puttanella? Scusate l’espressione. Tutto già sentito, lo so.
Continui con la tua vita. Ovvio. Realisticamente, che altre possibilità hai? Ti alzi. Ti pettini. Ti vesti. Ti trucchi. Ti sforzi di mangiare insalate. Fai conversazione coi camerieri. E sorridi quando qualcuno ti guarda.
Così La vita in un istante ci fa venire voglia di porci qualche domanda in più quando valutiamo. Quando diamo per scontato battute, riflessioni sulla colpa, sulla vergogna sociale (sì guardate che esiste ancora, sembra incredibile ma è così). Lei sempre con la lettera scarlatta sul petto, lui uno che ha compiuto uno scivolone. Ma non accade forse anche nelle migliori famiglie? Sia inteso, non è il libro delle questioni morali. Non c’è da scomodare Kant. E’ più che altro la storia di una donna. Una di noi.
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