Esterno giorno, al di là del vetro spumeggia il caos del Salone di Torino, Paolo Morelli è seduto praticamente a terra e nell’aria c’è il libro Animali non addomesticabili. La sezione centrale è la sua, Animali parlanti, prima e dopo scrivono Giacomo Sartori, Marino Magliani e Paolo Albani. Il filo conduttore è lo stesso, dalla vongola napoletana pudica al cobra sordo, passando per i pedipalpi della vedova nera, gli animali parlano la propria lingua e a noi sembra di sbirciare nelle loro esistenze. A volte limitate, asfittiche, altre desiderose di libertà, nostalgiche, infuriate. E’ un’esperienza confrontarsi con Morelli che dà la letteratura per spacciata per aver messo al bando la fantasia e l’esperienza diretta.
Quando l’editore Exorma mi ha sottoposto il libro, ho pensato: ecco, siamo nel filone che dalla Grecia antica ai cult Disney ha trasposto sugli animali vizi e virtù per farci la morale. E di solito una trasposizione neanche ben fatta ma che semplifica le nostre dinamiche interiori. Quindi sono rimasta colpita: nel libro non c’è nulla di tutto questo. Avete liberato la voce degli animali: non sono loro a essere umanizzati ma noi a essere animalizzati?
Incredibilmente hai detto molto di questo libro. Si rivendica il primato della fantasia sulla conoscenza. Gli animali nella letteratura sono stati antropomorfizzati, li utilizziamo quando poi li stiamo sterminando, i recenti dati del Wwf parlano chiaro. Un mondo nuovo si è instaurato e ha due nemici giurati: l’esperienza diretta e la fantasia che viene venduta come infanzia del pensiero quando è la sua pienezza.
La sezione del libro con il tuo lavoro, che si chiama proprio Animali parlanti, non solo dà voce al bruco, alla farfalla, alla mosca tze tze, all’orso Vincenzo, ma in dialetto. Un dialetto regionale e fonetico. Perché?
Gli animali sono gli ultimi a parlare in dialetto, con loro gettiamo il cuore oltre l’ostacolo attraverso la fantasia. Il titolo originale del libro era Per animali non addomesticabili, poi ci sembrava troppo lungo e spiegava tutto. Non si può più pensare di controllare il mondo come diceva Cartesio, oggi dobbiamo rispettare i limiti.
Nel coro di voci di animali a un certo punto arriva il grillo parlante e si lamenta della decadenza della cultura e dei nostri tempi. Sei d’accordo?
Sì, lo dico e ne ho pagate le conseguenze. Viviamo in un’epoca che non è di decadenza, è esiziale. Stiamo scegliendo tra la bestializzazione che già è sotto i nostri occhi e un cambiamento. Lì, nel cambiamento, c’è una grande opportunità ma dobbiamo addestrarci a coglierla.
Nelle avvertenze che precedono la sezione da te curata, fai riferimento alla genesi del progetto, a un manipolo di uomini che scrivono negli anni ’90. Racconta di quell’esperienza.
E’ stato un periodo che auguro a chiunque di vivere: quando sei posseduto da un demone che è comune. Inventi, ti diverti, crei. Con questi uomini che scrivono abbiamo tentato una via che ci ha portato a grandissimi risultati, il lavoro è diventato uno spettacolo andato per anni nei teatri.
Il Salone del libro è il più importante evento dedicato all’editoria, e siamo a un passo dalla fase finale del premio Strega, dove non sono mancate le polemiche. In che condizioni di salute è la letteratura italiana, come stiamo messi?
Male. L’esperienza e la fantasia oggi nemiche giurate sono carne e sangue della letteratura. Una letteratura che è diventata anemica, ha perso il ruolo trainante, è chiusa in sé. Aumentano gli eventi sui libri ma i lettori sono sempre gli stessi, se non meno. Si vive fuori dalla realtà.
Eppure la letteratura sembra così attaccata al reale, alla cronaca.
Quello è il simulacro del reale, non è verismo, non c’è bisogno di conoscenza: il reale non esiste, le parole creano il reale. Abbiamo dato una eccessiva importanza al linguaggio, che è una tecnologia ma ci sono altri modi di conoscere, assistiamo all’esilio del corpo. Questa è una letteratura autoreferenziale che non ha bisogno di esistere.
Il Salone di Torino alla vigilia è stato dominato da forti polemiche per la presenza, poi vietata, di una casa editrice vicina a un movimento di estrema destra. Hai preso posizione?
No non ho preso posizione, il meccanismo è così oleato che tutto va in una sola direzione. Chi decanta questa come una vittoria antifascista non sa dove vive. Avrei da dire su quella casa editrice ma sarebbero cose troppo pesanti.
Parliamo del futuro, prossimo. Che hai in testa?
Ho finito la traduzione dal cinese di un poeta inedito e ho terminato un viaggio nell’aldilà in bicicletta.
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