Parlarne tra amici, la recensione del libro esordio di Sally Rooney la scrivo sbirciando il caldo, lo so che non ha forma, ma oggi sembra averla. Non mi accadeva di rileggere alcune pagine, come una necessità impellente, inondata dal bisogno di fissare nella mente, da tanto, e il romanzo edito da Einaudi che ci presenta la voce lettetaria di questa 27enne irlandese, mi ha costretta a farlo. Non è un libro esplosivo. Non ne vieni sopraffatto. Ti entra dentro però con lenta e meticolosa abilità, riga dopo riga, in una Dublino quasi sconosciuta e enigmatica, dove ci muoviamo tra appuntamenti letterari, discussioni sulla vita e la società, feste in casa di quarantenni in bilico sul mondo. Ecco partiamo dall’età, la protagonista di Parlarne tra amici ha 21 anni. Frances è colta e intelligente. Insicura. Povera. Piena di talento. Con un padre alcolista, che vive lontano dalla città, ma è un dolore che non sembra neanche caratterizzarla. E’ Bobbi il rapporto forte. La sua persona. Affascinante, brillante, ricca. E’ stato il suo unico amore, alle superiori hanno avuto una relazione. Quando è finita sono rimaste amiche. Nel modo come lo sono loro, ognuna la metà di qualcosa. Il piano sul quale si muovono si trasforma quando entrano in scena Melissa e Nick. Più grandi, lei fotografa, lui un attore bellissimo che nasconde delle tremende fragilità. Un matrimonio in crisi, e solido nello stesso tempo.

Un giorno all’università Marianne ci ha viste mano nella mano e ha detto: allora siete tornate insieme! Abbiamo alzato le spalle. Era una relazione e al tempo stesso non lo era. Ogni nostro gesto era spontaneo, e se dall’esterno sembravamo una coppia, a noi pareva un’interessante coincidenza.

Frances inizia una relazione con Nick. E’ la sua prima storia con un uomo. Lo cerca, lo vuole, lo tiene lontano. Lo rivuole. Soffre dei suoi comportamenti, anche se non cede mai un millimetro di se stessa finché non capisce di amarlo. Detta così sembra il solito romanzo sul triangolo, sulle relazioni extraconiugali. Eppure non lo è. Sally Rooney riesce a portarci dietro la manifestazione di ciò che già sappiamo. E’ la descrizione a convincerci perché parla un linguaggio di verità. Così la 21enne con la sua immaturità e una vita in realtà già così consumata ai bordi non ci appare lontana dal ricordo di noi e da quello che potremmo essere. E’ in alcune pieghe della comunicazione, che sbalza fuori l’autenticità implacabile delle reazioni, delle emozioni, dei sentimenti, la solitudine, la non comprensione, tutto ciò che non vogliamo vedere. Le mail che si mandano sono il mezzo, l’apertura alla nostra epoca, anche se non del tutto vissuta. Non ci sono chat, messaggistica istantanea, la scrittrice per i suoi personaggi sceglie le email, che poi sono ancora la sensazione più simile a una lettera che ci possa essere.
In quella che Melissa invia a Frances, ci sono due pagine da rileggere. L’ho amata moltissimo. Perché fa affiorare spigoli ancora più nascosti e li rende tremendamente chiari. Parlarne tra amici è un libro che affronta il tema del tradimento, senza cadere nella retorica. Mai. Non ci sono giudizi, è uno specchio dove niente sfugge: sfumature, grigi, chiaroscuri, l’incapacità di trovare sempre un senso e la semplicità autentica di alcuni incontri in una spirale in cui non distingui più se la marcia che ti ha condotto fino a qui, sia debole o forte. Il finale, mi ha lasciato la stessa sensazione di quello di Eyes Wide Shut. Ecco, qualcuno ha paragonato Rooney alla Austen, io la trovo più kubrickiana. Ma magari sono i miei occhi.
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