Immaginate di stare dentro il vostro sacco a pelo in un veicolo che viaggia a 28mila chilometri orari e di essere l’uomo dei record. Ora potete smettere di fantasticare e aprire Endurance, un anno nello spazio una vita di scoperte, l’autobiografia di Scott Kelly, astronauta, ingegnere, pilota militare.
Il libro edito da Mondadori e uscito a ottobre del 2017 è un inaspettato e colorato viaggio intorno alla Terra, 470 pagine che scorrono come un romanzo, divertono a volte al ritmo di The Big Bang Theory e fanno sognare come Star Trek.
Ho acquistato casualmente Endurance in una delle incursioni domenicali in libreria. Non ne avevo letto, mi ci sono imbattuta tra gli scaffali, colpita subito dall’immagine dell’astronauta della Nasa. E anche se nella vita mi occupo di altro, giornalismo politico, la passione per le stelle e l’immensità dell’universo trepida in me da quando ero bambina e mio padre, seduti sulle sedie del balcone, mi parlava della mappa straordinaria che è il cielo. E’ l’ignoto ad avermi sempre affascinata.
Così quando mi domandavano, cosa vuoi fare da grande? Spesso e volentieri rispondevo l’astronauta. Una versione che è cambiata negli anni del liceo, mi piaceva pensare di poter fare l’astrofisica. La strada è andata in altre direzioni, sempre entusiasmanti, e al profondo rispetto che nutro per la scienza si è affiancata una insanissima passione per la fantascienza. Nel mio mondo dagli accenti nerd vedere il documentario della preparazione alla missione sulla stazione spaziale internazionale della italiana Samantha Cristoforetti, un film che è stato al cinema per soli due giorni un paio di anni fa, ha avuto quasi lo stesso impatto che una prima di Star Wars. È con questo spirito che mi sono approcciata a Endurance di Scott Kelly, e sono rimasta davvero colpita dal tipo di biografia che l’astronauta statunitense ha confezionato per i lettori. Kelly che è uno dal curriculum impressionante, in questo libro ci racconta il suo anno nello spazio a bordo della stazione spaziale internazionale, ha all’attivo in tutto tre spedizioni, segnando un record di giorni complessivi in orbita, oltre che la missione più lunga di un astronauta americano.
Mi basta un’occhiata al piede agganciato a una maniglia in assenza di gravità per dire con estrema precisione da quanto tempo il suo proprietario è in orbita. Appena arrivata, Samantha agganciava i piedi con forza eccessiva in questo modo ha faticato inutilmente le caviglie. Adesso conosce esattamente la quantità di pressione da esercitare.
La Samantha di cui scrive e racconta Scott Kelly è appunto la Cristoforetti che è stata con lui sulla stazione spaziale per tre mesi. L’autobiografia è organizzata in maniera da far scorrere in modo parallelo la storia degli anni della formazione di un giovanissimo Kelly che da una realtà di forte disagio sociale e familiare, insieme al fratello gemello Mark, anch’egli poi diventato astronauta, intraprende un percorso quasi incredibile. Da studente neanche troppo brillante diventa un pilota e un grande astronauta, grazie alla determinazione e all’impegno. Gli anni che lo conducono alla stazione spaziale internazionale sono anche quelli del matrimonio che non nasconde essere fallito per le follie di quello stile di vita. Gli aspetti personali, il rapporto con le figlie, il forte legame con la compagna che negli ultimi anni gli è stato vicino, Amika, cui è dedicato il libro, arricchiscono la trama dandoci non solo la visione d’insieme di un cammino umano ma la tenace capacità di un ragazzo di cambiare il suo destino e realizzare un sogno. Non nascondo che dal mio punto di vista la parte più bella di Endurance sono i capitoli cruciali in cui Scott Kelly narra il suo anno nello spazio. Endurance non è la solita biografia. Intanto è ricca di ironia.
Quando mi arriva l’ordine di annaffiare le piantine, sono disidratate e sul punto di morire. È frustrante dover coltivare un essere vivente quassù, vederlo in difficoltà e non essere in grado di prendersene adeguatamente cura. A un certo punto posto una foto di una delle zinnie sui social e in risposta ricevo delle critiche sulle mie capacità botaniche. Non sei certo Mac Watney, ha commentato un saputello riferendosi al personaggio di Matt Damon in The Martian. A quel punto è diventata una questione personale
Esilarante lo scambio di tweet, Scott Kelly dall’Iss e il presidente degli Stati Uniti dalla Casa Bianca. Ma Endurance è di più. Gli aneddoti, anche simpatici, non sono nulla rispetto al resoconto realistico degli effetti sul corpo umano sottoposto per così tanto tempo all’assenza di gravità, i mal di testa atroci per l’anidride carbonica, il bruciore agli occhi, il vomito dei novellini. C’è un incidente inedito nel libro, ma non dico altro per evitare spoiler, le critiche, a volte molto dirette, a Houston, ma anche le cene del venerdì con il segmento russo, le passeggiate spaziali, i topi del laboratorio a cui alla fine ci affezioniamo, sbagliando. Un’esperienza straordinaria, la stazione spaziale internazionale, mirata a renderne possibile un’altra: spedire qualcuno di noi su Marte.
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