Un gioiello di poetica Acque Strette di Julien Gracq e non è una recensione, è la mia esperienza: due notti con le settanta pagine di quel libro definito “una lezione di poetica, senza averne l’aria”. Non penserete davvero che io abbia gli strumenti per osare recensire un autore cruciale del Novecento, adorato da generazioni di lettori. Ma no. Il blog è uno spazio dove parlare di noi che proviamo a resistere entrando nei libri. Annaspando. Immettendo ossigeno e a volte perdendolo. Acque strette mi è stato consigliato dalla libraia, ho una libraia cattiva ho pensato a pagina tre, quando ho capito perfettamente che l’esperienza della lettura era un viaggio della mente. Hai due scelte, lasciarti andare o tenere le distanze. Nel primo caso ti fai cullare come la barca sull’acqua. Nel secondo osservi con la razionalità. Io sono rimasta a metà strada.
Poi, finalmente, dopo un’altra curva, ecco apparire, di tre quarti, il profilo del maniero: nell’orario che mi si è ormai fissato nella memoria sono circa le quattro del pomeriggio, lo sono ancora, lo sono sempre.
E’ un libro per persone esigenti, da regalare a chi ama la cultura e trovare collegamenti, andare oltre le parole, oltre il racconto. Non c’è una trama vera e propria non nel senso in cui la intendiamo noi. Acque strette è la narrazione di un’escursione in barca lungo un piccolo fiume che si getta nella Loira, si chiama l’Evre. Attraverso quel percorso che attraversa campi, le rive con i canneti, un tragitto conosciuto per gli occhi e ancor di più per la mente, che Julien Gracq scopre visioni, collegamenti, che affiorano come ricordi. Associazioni di idee che portano a Balzac, Rimbaud, tanto a Edgar Allan Poe, solo per citarne alcune. C’è qualcosa della Ricerca del tempo perduto di Proust in questo balzare delle connessioni fuori dalla memoria. Alla fine del libro troviamo due mappe. La mappatura di tutti i collegamenti e le citazioni. Poi quella geografica con i disegni a mano degli incanti dell’Evre.
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