Un istinto irrazionale, un gesto senza premeditazione alcuna, eccomi alla cassa con in mano il libro di Bettina Lemke edito da Giunti, Ikigai, senza nemmeno sapere la ragione precisa. Credo sia stata la definizione trovata nell’aletta, ikigai suggerisce, è “una parola magica”. Il metodo giapponese per essere felici. Sono 150 pagine, ringraziamenti inclusi, e buona parte di esercizi pratici. La curiosità è decisiva. La sera sfoglio. Faccio conoscenza con il contenuto. Mi informo. Ikigai mi sembra davvero una parola magica. Intanto non c’è una traduzione esatta di quei quattro caratteri giapponesi. Per noi è la ragione di esistere, lo scopo dell’esistenza, insomma la spinta, il fuoco del nostro esistere. Il libro di Bettina Lemke si propone di avvicinarci al concetto di ikigai, guidarci nell’eplorazione delle sue diverse declinazioni. Proprio così. Perché ikigai sono anche i nostri punti di forza, ciò di cui abbiamo bisogno. Persino la persona che amiamo. La parola magica è multisignificato. La prima parte è dedicata a questo viaggio nel senso dell’ikigai. E’ scritto in maniera fluida, schietta e anche divertente.
Il nostro ikigai, una volta scoperto, funziona come una bussola che ci indirizza verso le cose per le quali proviamo un entusiasmo sincero, quelle che rispondono davvero ai bisogni della nostra interiorità e che rispecchiano le nostre convinzioni più intime
Resto ipnotizzata quando leggo dell’isola dei centenari. Okinawa. Gli anziani non vanno mai in pensione, sprizzano vitalità e hanno il record della longevità. A Okinawa è un principio ad alto tasso di intensità. Viene cercato e coltivato. Capisco a questo punto cosa ci sia dietro quello scopo della vita, quale significato si nasconda al di là della ragione di esistere, quale sia il senso dell’ikigai come motore delle nostre giornate. Vuol dire entrate in contatto con se stessi e sintonizzarsi con le proprie vocazioni, ispirarsi seguendo quella strada che porta al centro di noi. Una volta afferrato il concetto, mi rendo conto che è ardua come una salita impossibile. Tutto d’altronde ci trascina fuori da quella sintonia, la quotidinità, gli impegni, la stessa società, le aspettative degli altri. Eppure nell’isola dei centenari, l’ikigai è intrecciato indissolubilmente al concetto di comunità, tanto da diventare anche una straordinaria esperienza collettiva di mutuo soccorso. La seconda metà del libro è per gli esercizi con cui trovare il proprio ikigai. E non manca una guida: praticare la gratitudine, trovare un equilibrio tra il corpo e la mente, proteggersi dallo stress. E ovviamente, avere il coraggio di ascoltare il proprio cuore. L’esercizio? Si chiama il ponte di luce.
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