Ripensare se stessi in base a una dimensione diversa, non essere più due ma uno: concluso in un paio giorni, Da Soli di Cristina Comencini è il libro edito da Einaudi che ha iniziato a disturbare una settimana diventata poi sempre più complicata. La Comencini, scrittrice, regista e drammaturga in 180 pagine entra con un caleidoscopio nella vita di quattro persone che una volta popolavano due coppie, e attraversa insieme a loro il distacco e la ricerca di una nuova ragione. Poi spiegherò perché questo libro mi ha posto interrogativi. Fare i conti con se stessi? Non è proprio questo. Ho acquistato il libro per quel dialogo, sulla quarta di copertina.


“Lei come fa con i ricordi?”

“Me li tengo e lei?”

Andrea e Marta, Laura e Piero. Adesso sono sulla soglia dei sessanta anni, storie d’amore iniziate, da giovani, contemporaneamente, e finite nello stesso momento. Marta lascia Andrea, senza neanche spiegargli il perché. Una mattina va via. E basta. Andrea sembra non trovare pace. Piero decide di andarsene, non dormono più nella stessa stanza da tanto tempo, ma decide di tagliare in maniera netta. Separazioni che si incrociano e si distanziano, in cui ognuno ritrova se stesso come unico punto di riferimento. Comencini descrive quello accade quando un matrimonio finisce, e a volte male. Eppure dopo decenni di tradimenti, quel legame, il “conoscersi” resta più forte di tante amanti di passaggio. Il matrimonio visto in retrospettiva diventa cioè un tempio in cui comunque alla fine era meglio vivere (ma solo nell’immaginario) che in questa giungla che è se stessi. E l’adulterio è una pagina come un’altra di matrimoni sfiniti dalle lontananze. In quella rottura con tutte le contraddizioni del caso, i figli, la nostalgia, la tenacia, c’è il coraggio di ricominciare.
“C’è sempre un momento, che sia un anno speciale o dopo un avvenimento irrilevante, in cui realizzi che hai cominciato a nasconderti”
Ora parliamo di me. La facilità della narrazione di questi matrimoni in cui il tradimento è sempre all’ordine del giorno, non una eventualità, ma una certezza, e uomini pigri che girano su se stessi idolatrando però sempre e comunque la ormai ex moglie, non mi ha convinta. Forse perché non riesco ad accettarlo che l’amore sia questo. Non dico che Da Soli racconti qualcosa di artefatto, ma non esiste un altro modo di andare avanti? Perché c’è tanta ossequiosa normalità in queste danze di tradimenti? E lo dico io che sono single. Non posso credere che scegliere una persona per tutta la vita equivalga ad accettare decenni di tradimenti, e teatrini di compromessi, che rivaluteremo solo dopo però, come una magica sicurezza. Ma solo dopo. Quando comunque, uno dei due, ha deciso di prendere la porta. Se è così allora viene da domandarsi quale sia il senso vero di amare. E se sia possibile farlo senza recitare il “noi”.
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