E’ giallo ocra, neanche cento pagine, la copertina con cui L’Orma ha pubblicato Una donna di Annie Ernaux sembra rassicurarti. Invogliarti a lasciarti andare. A entrare senza timori. Eppure il viaggio asciutto, breve e incredibilmente intenso che la scrittrice francese, tra le più autorevoli voci della letteratura contemporanea, si appresta a compiere, insieme a noi, nella morte, nella vita, nell’essere donna di sua madre, non è rassicurante. Al contrario. E’ un libro sul dolore. Lo ha scritto in maniera stupenda Teresa Ciabatti sul Corriere della Sera. “Annie Ernaux spiazza, incanta, commuove. Non consola”.

“Non sto scrivendo su di lei, piuttosto ho l’impressione di vivere assieme a lei in un tempo, in luoghi in cui è ancora viva”

Decide di scrivere subito dopo il 7 aprile, quando la madre muore in una casa di riposo di Pontoise. Non si dà il tempo dell’elaborazione, di asciugare le emozioni, trasformarle in pensieri fermi. Il lutto è lì che vibra reclamando lacrime e drammi, e noi siamo trascinati in un racconto che però è asciutto, reale. Lo precisa questo nelle prime pagine. “Era davvero finito tutto”. E da quell’addio consumato con abilità da cronista, nel racconto minuzioso di ogni passo, Ernaux ritorna a vivere e conoscere la madre attraverso la sua storia di vita, di donna, tra le sconfitte, i dolori, il rapporto con la figlia, la malattia, il mondo intorno che cambiava. Non è una biografia e di certo non è un romanzo. E’ una storia nella storia, dove si intrecciano in maniera unica e violenta e dura e indimenticabile gli aspetti privati e collettivi attraverso gli occhi di una donna.
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